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Visualizzazione post con etichetta Mario Cuomo. Mostra tutti i post
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domenica 12 aprile 2015

Italiani d'America / Non sono Vespucci ne' Cristoforo Colombo

NEW YORK Il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo ha reso omaggio alla memoria del padre durante il gala organizzato dalla National Italian American Foundation (NIAF)  da Cipriani a Manhattan. Per l’occasione è stato istituito il nuovo premio per il “Public Service” dedicato dalla Niaf proprio a Mario Cuomo (per tre mandati governatore dello Stato), recentemente scomparso, assegnato alla procuratrice del Westchester Janet DiFiore. Poi il governatore ha  ricordato Mario Cuomo con un appassionato racconto partendo dalle umili origini dei nonni fino  alla sua rielezione, col padre, costretto a letto, che ascolto’  al telefono l'inauguration, il giuramento e il discorso  per poi spirare pochi minuti dopo. Andrew ha  raccontato che durante la sua carriera  politica ha visitato tutti gli Stati dell'Unione.
"È incredibile constatare quanto sia radicata l'impressione errata e come siano diffusi gli stereotipi sugli italoamericani e la cultura italiana. Ecco perché è importante il lavoro svolto dalla Niaf, perché è importante dire la verità alla gente. Non siamo quelli che credono, non siamo quelli che vedono nei film. Siamo Vespucci, Colombo, Raffaello, Galileo, Michelangelo e Da Vinci" ha detto Cuomo.
Poi ha aggiunto: “Dovunque vai, dalla costa orientale a quella occidentale degli Stati Uniti, li noti subito. I pregiudizi contro gli italo-americani sono ancora presenti e forti, e dobbiamo impegnarci per contrastarli, come ha fatto durante tutta la sua vita mio padre Mario”.
 Andrew ha ricordato che suo padre era “orgoglioso di essere figlio di due immigrati venuti dall’Italia solo con i vestiti che portavano addosso. Perché erano riusciti ad affermarsi in America, far studiare i propri figli, e vedere uno di loro che era diventato governatore dello Stato di New York. Questa è la ragione per cui mio nonno Andrea, da cui ho preso il nome, ripeteva sempre una frase, nel poco inglese che conosceva: God bless America. Chiedeva a Dio di benedire il paese che gli aveva dato tanta fortuna. E mio padre Mario non si distanziava da questa identità, ma al contrario la abbracciava. Ricordava sempre di essere prima di tutto un italiano e poi un americano.  Era orgoglioso di essere frutto di questa storia. Una persona eloquente, raffinata e articolata, ma soprattutto “civile”, come si direbbe nella lingua dei nostri antenati. Ha sempre lavorato affinché i pregiudizi verso gli italo americani fossero superati”.
Comprensibili and giustificate le parole di Andrew per Mario Cuomo, ammirato e rispettato da tutti, ma....
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Caro Andrew, 
non e’ il caso di scomodare Cristoforo Colombo e Vespucci per dire chi sono gli italiani d’America. 
Nei prossimi discorsi, per favore lasci riposare in pace Galileo, Michelangelo e Leonardo. 
Gli italiani d’America non hanno piu’ bisogno di dire di chi sono eredi ne’ tanto meno che sono italiani. Hanno contribuito a costruire questa grande nazione e non ci sono stereotipi che possano smentirlo. Lei non sara' giudicato per essere il figlio di Mario Cuomo, ma come suo padre, sara'  giudicato per quello che fara’, e se il giudizio sara' negativo non ci saranno Vespucci o Raffaello o stereotipi he tengano . Chi sono gli italiani  e’ testimoniato dalle loro vite, dal loro lavoro, dai loro sentimenti,  dalle loro opere e dalla vita quotidiana, e sono questi i metri di giudizio per  tutte le altre  persone che appartengono a tutti gli altri gruppi etnici. 
Personalmente, sono orgoglioso di essere italiano ma confesso che non mi sento ne' Vespucci ne' Dante. Sono semplicemente me stesso e cerco di essere la miglior persona possibile.
Distinti saluti.

New York Blogger

Nella foto: Andrew e Mario Cuomo
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NIAF. Andrew Cuomo, Mario Cuomo, Cipriani NY, Janet DiFiore

domenica 4 gennaio 2015

Italiani d'America: Mario Cuomo e la mafia

NEW YORK. Mario Cuomo, per tre mandati governatore dello Stato di New York, morto lo scorso 1 gennaio all’eta’ di 82 anni, non credeva all’esistenza della mafia, nonostante fosse nato a New York (il regno di alcune “famiglie”) dove i genitori Immacolata e Andrea gestivano un negozio di generi alimentari.
Nel 1972, quando uscì il primo film di Francis Ford Coppola, Cuomo rifiuto’ l’invito dell’allora sindaco John Lindsay e negli anni seguenti si era sempre rifiutato di vedere la saga della famiglia Corleone, né aveva mai letto il popolarissimo romanzo di Mario Puzo che l’aveva ispirata.
La sua sfida all’evidenza aveva uno scopo: sperare di demolire lo stereotipo che tutti gli italiani d’America facessero (fanno) parte di Cosa Nostra. “Mi dite che la mafia è un’organizzazione: vi dico che è un sacco di palle”, aveva affermato nel 1985 dopo l’assassinio del boss Paul Castellano fuori da un ristorante di Manhattan.
Ma dello stesso stereotipo lo stesso Cuomo aveva fatto personalmente le spese: “Quando non mi presentai alle presidenziali nel 1992 – disse – si trovarono due giustificazioni: che ero legato alla mafia o che avevo il cancro. Nessuno disse che avevo un’amante bionda di 28 anni”.
Il governatore era capitolato l’anno scorso ed aveva finalmente assistito per la prima ed unica volta ad una proiezione del “Padrino” nel cineforum della Fordham Law School.
“Forse e’ un capolavoro come dicono – aveva concesso –  ma solo per la parte artistica”.
L’ex governatore aveva continuato a criticare e condannare pellicole come “Quei Bravi Ragazzi” di Martin Scorsese o programmi tv come “I Soprano” che trasmettono “l’orribile messaggio” degli italoamericani che prendono la legge nelle loro mani per farsi giustizia da soli.
Il fatto di non essersi mai candidato alle presidenziali rimane l’enigma della sua carriera. A chi una volta gli chiese per cosa volesse essere ricordato rispose: “Una delle cose semplici che volevo realizzare era diventare governatore. Voglio essere il lavoratore più serio che ci sia mai stato. E voglio, quando sarà finita, che la gente dica: ‘Ecco, era una persona onesta’”.
Uno dei suoi figli, Andrew, ha appena iniziato il secondo mandato come governatore dello Stato di New York.